da Ippolito Edmondo Ferrario | Dic 31, 2020 | News, Soldati di Ventura
Quel 31 dicembre 1968 nel deserto dello Yemen
Il mio migliore augurio per lasciarci alle spalle questo infausto 2020 e affrontare a testa alta l’anno che verrà.
Ippolito
Il 31 dicembre
eravamo ancora in pieno deserto e puntavamo
sempre a nord. Avevamo l’impressione di esserci persi
in quel mare di sabbia, così affascinante, misterioso
e volubile per le dune che cambiavano altezza e posizione
a seconda della direzione del vento. la sabbia si
infilava ovunque, malgrado i fazzoletti che tenevamo
sulla bocca e gli occhiali che proteggevano gli occhi.
In quel paesaggio incredibile a un certo punto cominciammo
a vedere delle ossa bianche che affioravano
lungo la pista. Ci fermammo. Ce n’erano tantissime
per qualche centinaio di metri: ossa, teschi ma
anche scarponi. Trovammo anche i brandelli di un
paracadute, mimetiche e un elmetto russo. era l’equipaggiamento
in dotazione alle truppe egiziane inviate
da nasser. I teschi erano moltissimi. non so
quanti potessero essere i morti lì presenti. giacevano
insepolti o sepolti grazie alla «pietà» del deserto.
Questa volta non facemmo come in Congo, dove avevamo
preso dei teschi per adornare le jeep e i camion.
Robert Muller, paracadutista, volontario di guerra
R.Muller, I.E. Ferrario, “Un parà in Congo e Yemen 1965, 1969”, Mursia
da Ippolito Edmondo Ferrario | Dic 21, 2020 | Accadde Domani, Soldati di Ventura
Accadde Domani. Ultimi giorni di dicembre del 1968 nel deserto dello Yemen
La fine della mia «avventura» si stava avvicinando.
Era il dicembre del 1968 e mentre montavo la guardia ripresi a pensare per ingannare il tempo.
La solitudine del deserto si può paragonare al mare. Il mare è immenso, meraviglioso, per certi aspetti non dissimile dal deserto. Quando verrà il mio momento, spero di andarmene avendo di fronte il mare. Che sia calmo o in burrasca mi dà un senso di estrema serenità.
Di notte, con il cielo pieno di stelle, mi riempie di una pace interiore assoluta.
Ascolto il mare sdraiato sulla sabbia ed è come se ascoltassi me stesso. Il deserto, a differenza del mare, sembrerebbe un luogo privo di vita, ma un osservatore attento sa che non è così. C’è sempre qualcosa che si muove: lo scorpione che esce di notte col favore delle tenebre, qualche ragno, i serpenti che a volte rotolano giù dalle dune di sabbia.
Durante il giorno cambia tonalità di colore in continuazione.
Rosa cupo al mattino e alla sera quando nasce e cala il sole, rosa tenue quasi color albicocca durante l’arco della giornata. Quando c’è una leggera brezza la sabbia si muove come piccole onde e quando soffia il Simùn, vento simile al Ghibli, le dune mutano posizione come se fossero grandi onde.
La notte nel deserto assume una dimensione magica, intima e quando la temperatura scende, le stelle diventano brillanti. Mi sembra di vedermi ancora infilato nel sacco a pelo, nella buca che si scavava per passare la notte.
Nel deserto si è portati a parlare a sè stessi, a porsi delle domande a cui spesso si danno delle risposte che alle volte non ci piacciono.
Robert Muller, Ippolito Edmondo Ferrario, Un parà in Congo e Yemen 1965-1969, Mursia