Accadde Domani. Ultimi giorni di dicembre del 1968 nel deserto dello Yemen

La fine della mia «avventura» si stava avvicinando.

Era il dicembre del 1968 e mentre montavo la guardia ripresi a pensare per ingannare il tempo.

La solitudine del deserto si può paragonare al mare. Il mare è immenso, meraviglioso, per certi aspetti non dissimile dal deserto. Quando verrà il mio momento, spero di andarmene avendo di fronte il mare. Che sia calmo o in burrasca mi dà un senso di estrema serenità.

Di notte, con il cielo pieno di stelle, mi riempie di una pace interiore assoluta.

Ascolto il mare sdraiato sulla sabbia ed è come se ascoltassi me stesso. Il deserto, a differenza del mare, sembrerebbe un luogo privo di vita, ma un osservatore attento sa che non è così. C’è sempre qualcosa che si muove: lo scorpione che esce di notte col favore delle tenebre, qualche ragno, i serpenti che a volte rotolano giù dalle dune di sabbia.

Durante il giorno cambia tonalità di colore in continuazione.

Rosa cupo al mattino e alla sera quando nasce e cala il sole, rosa tenue quasi color albicocca durante l’arco della giornata. Quando c’è una leggera brezza la sabbia si muove come piccole onde e quando soffia il Simùn, vento simile al Ghibli, le dune mutano posizione come se fossero grandi onde.

La notte nel deserto assume una dimensione magica, intima e quando la temperatura scende, le stelle diventano brillanti. Mi sembra di vedermi ancora infilato nel sacco a pelo, nella buca che si scavava per passare la notte.

Nel deserto si è portati a parlare a sè stessi, a porsi delle domande a cui spesso si danno delle risposte che alle volte non ci piacciono.

Robert Muller, Ippolito Edmondo Ferrario, Un parà in Congo e Yemen 1965-1969, Mursia