da Ippolito Edmondo Ferrario | Feb 8, 2018 | News
In questi giorni sono stato assediato da alcuni ricordi. Con la scomparsa di una persona, Giovanni, ho messo mano ad un faldone pieno di articoli, recensioni e interviste sulla mia attività letteraria di questi ultimi dieci anni. Sfogliando le pagine ho ricordato serate, presentazioni, amicizie, persone e luoghi. Tra le varie iniziative collaterali, una in particolare mi ha riportato alla memoria il bello di quegli anni oggi lontani. Certamente non ho scritto capolavori della letteratura, ma alcuni libri, seppur in piccola parte, hanno aiutato qualcuno che ne aveva bisogno. In particolare i bambini. Il progetto “Una strega per un Sorriso” nato da me e da Simona Pastor, l’albergatrice della Colomba d’Oro di Triora, aveva come finalità l’aiutare i bambini con problemi oncologici e le loro famiglie. In che modo: regalando loro soggiorni a Triora, il suggestivo paese delle streghe. Negli anni una cosa però mi ha sempre turbato e infastidito. Che qualcuno potesse pensare che dare i propri diritti d’autore in favore di un qualche ente o progetto benefico servisse all’autore a farsi in qualche modo pubblicità. Se così fosse stato, sarei sparito dalla circolazione per la vergogna. A distanza di anni però ho avuto la certezza che nessuno acquistava e leggeva i miei libri per questo motivo…Di questo ne sono felice. Anni fa, tramite Facebook, un ragazzo mi ha scritto. Quella sera, leggendo le sue parole, mi sono commosso.
Lui si chiama Marco. Mi aveva conosciuto all’epoca a Triora. Lui era in vacanza con sua sorella e i suoi genitori grazie al progetto “Una strega per un sorriso”. Sua sorella, che era una bambina, poco più piccola di lui, oggi non c’è più. Anni dopo Marco si è ricordato di me e mi ha scritto. Ha avuto parole buone. E questo mi rincuora. Lui oggi è un uomo, un atleta e un amante della montagna.
Dopo tante meditazioni ho compreso che l’essenza di tutto il mio lavoro di scrittore sta in una frase, presa in prestito al “Vate”, Gabriele D’Annunzio: “Io ho quel che ho donato”.
Questa è una verità assoluta. Almeno per me.
Ecco perché a breve, con l’uscita ormai imminente di un mio nuovo romanzo, intendo continuare su questa linea. Che le storie allietino o meno i lettori va bene. Che esse aiutino un bambino o la sua famiglia in difficoltà è meglio. A breve, sempre su queste pagine, quando uscirà il libro in questione, fornirò precise indicazioni in proposito.
da Ippolito Edmondo Ferrario | Feb 7, 2018 | News
Sono passati più di dieci anni dall’uscita del mio primo romanzo noir di ambientazione ligure, Il pietrificatore di Triora, edito dalla Fratelli Frilli Editori. Sembra passata un’eternità. Voglio oggi ricordare quel libro, che diede seguito ad una serie di eventi, ma soprattutto a serate trascorse in amicizia, con due articoli scritti allora da Alberto Pezzini, noto avvocato e giornalista di Sanremo. Non ci sono parole migliori delle sue per ricordare quelle atmosfere incantate, o meglio stregate, tanto per restare in tema, vissute in quegli anni.
Il lombardo che canta Triora
Di Alberto Pezzini
La Riviera, 6 ottobre 2006
Albergo Colomba d’Oro di Triora. Un giovane scapigliato lombardo e la malia di un paese appiccicato alla montagna più alta della Liguria. Colazioni pantagrueliche al mattino, una terrazza buttata su boschi e coppi rosseggianti nel sole d’ottobre. Di notte, nei boschi ancora pieni di caldo dell’estate, una camminata tra suoni, odori e parole evocative. Tutto questo sarà la maratona letteraria che si terrà a Triora il 21 ottobre con la partecipazione di Andrea Pinketts ed Ippolito Edmondo Ferrario. Quest’ultimo ha scritto un bel noir, Il pietrificatore di Triora, che si legge velocemente e tutto d’un fiato. Ricorda molto da vicino il Pinketts di Lazzaro Santandrea quello prima maniera per intenderci. Il bello è che il giovane Ferrario ha creato – a Triora – lui che è lombardo nel midollo più intimo – e precisamente vive a Milano dove gestisce una galleria d’arte neanche troppo modesta – una sorta di festival della letteratura stregonesca. In ciò è stato aiutato dalla giovane patronne dell’Albergo Colomba d’Oro che l’ha aiutato e ne ha ricevuto davvero un’incoronazione solenne nel romanzo. Anche se non ne avrebbe avuto bisogno vista la genuinità della struttura e la bellezza misteriosa ma semplice di questo ex-convento trasformato fatescamente in albergo dalle mille delizie. Il libro di Ferrario è da leggere. Vi ricordate quando da bambini prendevamo in mano un libro che ci catturava occhi e mente per un pomeriggio? La malia sarà la stessa per chi è appassionato del genere noir condito con fantasia e senso tattico della realtà. Il Ferrario è intraprendente ed ha saputo impastare un intreccio dove la mano esercitata dello scrittore di pezzi ad hoc per Tutto Turismo si mescola maliziosamente con alcune trovate degne di un nuovo astro nascente della letteratura locale. Il bello è che Triora, Sanremo, Molini e la Liguria delle nostre zone si sentono anche all’olfatto leggendo la pagine di questo libro edito dalla Frilli.Ciò che colpisce è che promoter delle nostre zone sia proprio un lombardo il quale ha saputo assimilare sotto pelle – in modo davvero stregonesco e quasi misterico – il senso di Liguria. Un personaggio chiave del romanzo sarà proprio un ligure puro come l’acqua dei nostri torrenti, il quale parla pochissimo, a mezzo di frasi sempre tronche e quasi reticenti, ma interviene quando meno te lo aspetti con una bruschezza che risolve tutto. Come i liguri – Ferrario – chissà perché – mi ha ricordato un poco un francese che aveva scritto un libro bellissimo e crudo – ti sembrava di leccare uno scoglio tanto sapeva di mare in certe scene – sulla Puglia: Gli Scorta. Probabilmente sarà un mutante pure lui. Va detto che il ragazzo possiede anche un’innata inclinazione mercantile la quale aiuta molto e lo aiuta nei suoi vernissage letterari. Va bene anche questo. Quello che dispiace potrebbe essere il fatto che un lombardo canti Triora, anziché un ligure: cazzi nostri. Ci dovevamo pensare prima.
Le ammalianti donne di Triora
Di Alberto Pezzini
La Riviera, 25 gennaio 2007
Triora è un paese bellissimo. Come sapete, però, ha sui coppi delle case un’antica tradizione. Quella delle streghe. Periodicamente vi si svolgono convegni, celebrazioni e dibattiti. Chissà se gli abitanti del paese comprendono che stanno seduti su di una fortuna. Quell’insanguinato, cieco e distruttivo processo dell’Inquisizione gli ha portato – dopo cinquecento anni – benessere e denaro. Sarà per questo, quindi, che le donne di Triora conservano una qualche malia. O almeno le donne che a Triora decidono di trasferirsi. Ho in mente una ragazza che si chiama Simona ed è la patronne dell’Albergo Colomba d’Oro. L’albergo – già convento e poi caserma – è oggi guidato da lei. Femmina dagli occhi di un mare antico, a metà tra la strega buona ed una fata soave. Simona non è bella, ma ha un savoir – faire, anzi un’allure, ed una dolcezza d’antichi tempi. Impossibile trovarne una eguale, soprattutto oggi. Quando ti serve a tavola sembra di sentire un’eco lontana, quasi un suono di violini. E’ proprio vero che la bellezza non è solo fisica. Ma anche – e soprattutto – di anima. Torno al punto. Simona si è trasferita qui – a Triora – da Sanremo ed oggi manda avanti un barcone poderoso come l’Albergo Colomba d’Oro. Se non ci fosse questa struttura, tutti i convegni delle streghe si terrebbero probabilmente nei boschi. Si è accollata un compito difficile, anche perchè lo sta facendo in terra infidelium. La sua estrazione cittadina, la sua cultura, la avviliscono un poco tra le ardesie di Triora ed in mezzo ad una popolazione locale non sempre benevola nei confronti di ciò che è furetto. Non so se conoscete i liguri dell’entroterra, e vi sta parlano un ligure. Sono duri come pietre, ed a volte non vogliono capire per troppa rustichezza, complice una furbizia contadina che rasenta l’ottusità. Simona deve quindi barcamenarsi. Tra il mondo delle celebrazioni, del turismo e del marketing, e della gastronomia professata ad alti ed eccellenti livelli, ed un mondo che per alcuni aspetti sembra ancora essersi fermato ad Eboli. Vi dirò che io ho conosciuto Simona in una serata un poco complice. Con il mio amico Ippolito, il Pietrificatore di Triora, abbiamo cenato davanti al camino insieme a Simona che ci ha accompagnato servendoci e poi sedendo insieme a noi. Quello che ho sentito mi è bastato: vi basti pensare che in un pugno di ore, in tre, abbiamo parlato praticamente di tutto. Dalla musica di una pianista che ha preferito i lupi agli uomini, a Terzani, ad un viaggio da fare su di un cargo, alle streghe. Soltanto una strega fatata può vivere a Triora, con quello sguardo. Forza Simona. Grazie della incantevole serata. Mi hai fatto ricordare l’Africa e le storie che gli uomini blu si raccontano intorno al fuoco. Devi essere proprio una strega. Ma dolcissima.

Alberto Pezzini

Veduta del borgo di Triora

Triora. L’Albergo Ristorante Colomba d’Oro, attualmente chiuso. In passato è stato teatro di numerose iniziative culturali

Il pietrificatore di Triora