da Ippolito Edmondo Ferrario | Gen 27, 2021 | Milano. Storia e Misteri, News
Pozzo dell’Abbazia di Chiaravalle
Ubicazione. Via Sant’Arialdo n. 102.
Mezzi pubblici. Linea automobilistica 77.
Visita. Non accessibile.
Contatti. Monastero di Chiaravalle, sito Internet: monasterochiaravalle.it; mulinochiaravalle.it.
L’Abbazia di Chiaravalle è certamente un luogo di forte impatto, un sito antico ricco di storia e di testimonianze culturali e religiose.
Le nostre ricerche speleologiche ci hanno portato a indagare il celebre monastero fondato nel XII secolo e di cui abbiamo già accennato in una scheda.
Oggi rimane poco o nulla delle primitive strutture, ma vi è ancora la chiesa sorta su di una cappella; difatti il complesso religioso ha vissuto un’epoca di abbandono e di rovina dopo la secolarizzazione dei beni ecclesiastici voluta da Napoleone Bonaparte.
Tale periodo di decadenza per l’assenza dei monaci è durato fino alla metà del secolo scorso, quando la comunità cistercense si è nuovamente insediata a Chiaravalle riportando l’Abbazia a nuova vita.
Incuriositi dalle suggestive leggende che si mormorano ancora oggi circa i passaggi sotterranei e i cunicoli che si troverebbero sotto gli edifici religiosi, abbiamo deciso di procedere con un’indagine sul campo.
Supportati in modo perfetto dall’ospitalità del Priore Padre Stefano Zanolini, abbiamo potuto visitare e conoscere la storia del luogo e delle sue architetture.
Le indagini hanno escluso quasi del tutto la possibilità di cunicoli, non confermando la leggenda che voleva l’Abbazia di Chiaravalle collegata per via sotterranea a quella di Viboldone.
I terreni un tempo acquitrinosi e comunque caratterizzati da una fitta rete di canali creati anche dai monaci difficilmente potevano permettere la costruzione di tali opere di percorrenza.
Interessante è stata la vista di un antico pozzo presente nella sagrestia.
Secondo le indicazioni forniteci dal Priore questo manufatto potrebbe essere anteriore alla costruzione dell’attuale chiesa e dovrebbe essere coevo alla primitiva cappella, accanto alla quale sorgevano i dormitori della comunità monacale che poi avrebbe dato vita al complesso religioso.
Abbiamo deciso di scendervi per stenderne il rilievo, finalizzato all’attività di ricerca storica e documentaria che conduciamo nell’ambito delle attività in cavità artificiali.
L’unica difficoltà è stata quella di superare la stretta imboccatura della vera, opera in marmo e chiaramente di reimpiego, posta alla sommità del puteale in muratura esternamente intonacato e dipinto richiamando il motivo dei mattoni a vista.
La vera presenta la prima parte scavata in modo da accogliere la chiusura circolare, del diametro di 43 centimetri e oggi costituita da un coperchio di legno, per lasciare inferiormente una luce, sempre circolare, di soli 39 centimetri.
La parte in elevato è alta 1,11 metri, mentre il pozzo è profondo 2,9 metri, con un diametro interno della camicia in mattoni di circa 70 centimetri, 69,3 per l’esattezza in corrispondenza dell’ultimo cercine, sotto cui si allarga.
Di fatti sul fondo presenta vaghe tracce dell’originaria palificazione lignea inferiormente all’ultima fila di mattoni e il vuoto si apre nello strato di sabbia e ghiaia, un tempo sommerso dall’acqua di falda, ma oramai abbassatasi lasciando l’opera asciutta e inutilizzabile.
Per la cronaca, abbiamo posizionato sulla vera un vecchio ma robustissimo fioretto da cava, il quale ha la simpatica caratteristica di essere leggero, ma al contempo non flessibile e adatto alle operazioni “veloci” in pozzi profondi meno d’una decina di metri.
A questo abbiamo assicurato la vecchia ma pur sempre utile scaletta da speleologia in cavetti d’acciaio e scalini in duralluminio, una corda dinamica da alpinismo (e non speleologica, la quale è statica) e il “gioco” è stato poi semplice.
Tratto da Alla scoperta di Milano Sotterranea, Ippolito Edmondo Ferrario, Gianluca Padovan, Newton Compton Editori, 2018
da Ippolito Edmondo Ferrario | Mar 30, 2019 | News
“Pochi minuti dopo l’una di notte del 13 agosto le prime bombe caddero sulla città… e gli inglesi cercarono proprio di cancellarla nel corso di quella lunghissima ora in cui sganciarono circa duemila tonnellate di bombe tra dirompenti e incendiarie, secondo lo storico Achille Restelli.”
Si passò la lingua sulle labbra, con estrema lentezza, quasi volesse assaporare non solo il ricordo ma soprattutto la sensazione del pizzicore di polvere combusta, per tornare poi a ripetere: “Duemila tonnellate di bombe! Pensi un po’! Duemila tonnellate composte da migliaia di bombe… Ma che dico? Solo gli spezzoni incendiari sganciati ammontavano a circa 380.000! Spaventoso… E senza contare le numerose Blockbusters, che erano una sorta di grossi cilindri da un paio di tonnellate l’uno, dirette in pieno centro, sul Duomo di Nostra Signora… che non venne raso al suolo per purissimo miracolo, come per miracolo rimase in piedi la parete del refettorio delle Grazie con il Cenacolo di Leonardo…”
Monsignor Pozzoni era prostrato, quasi accartocciato su di sé, mentre tenendo la testa piegata sul petto con una mano si massaggiava lentamente l’addome e con l’atra s’aggrappava spasmodicamente al bracciolo tarlato della vecchia poltrona.
“Ma il Feuersturm, la ‘tempesta di fuoco’, non s’innescò,” proseguì misurando bene le parole. “Ovvero, il vortice d’aria calda che saliva dagli incendi come la colonna d’una tromba d’aria, richiamando correnti impressionanti d’aria più fredda dalle regioni periferiche, si smorzò. Forse ne fu la causa una imprevista perturbazione atmosferica. Certo che noi si gridò al miracolo!”
Tratto da “La Gorgone di Milano”
di I.E.Ferrario e G.Padovan
320 pag
Fratelli Frilli Editori
da Ippolito Edmondo Ferrario | Mar 29, 2019 | News
Sul Carrobbio vegliava e incombeva la Torre dei Malsani, lacerto dei fasti imperiali romani, mozzicone della torre che forse aveva una gemella e tra le due, si dice, s’apriva una porta, la Porta Ticinensis, quella che chiudeva fuori l’omonimo quartiere sottostante.
La Torre era un ricettacolo di malattie e i malati lenivano le piaghe purulente e le tossi catarrose e sanguinose con l’acqua del pozzo, considerata miracolosa, che stava all’interno. Probabilmente era la sola acqua a disposizione dei lebbrosi, dei colerosi, dei rattrappiti, dei tisici… Tutti lì riuniti assieme in un valzer di morte quando il “feral morbo”, la peste, calava sui borghigiani.
Un sentore tanto di morte quanto di rivalsa aleggiava perenne sul Carrobbio. I più nemmeno si fermavano a bere un bicchiere di vino oppure a desinare nel paio di osterie che vi si affacciavano. La gente comune preferiva fare due passi in più ed inoltrarsi nel delta di vicoli che da qui si dipartiva, per poter mangiare un piatto di pollo arrostito, una zuppa di cipolle e patate, o magari la più tipica cassoeula, a base di verze e maiale.
Tratto da La Gorgone di Milano
di I.E.Ferrario e G.Padovan
320 pag
Fratelli Frilli Editori
da Ippolito Edmondo Ferrario | Mar 27, 2019 | News
“La Gorgone di Milano” ha fatto il suo esordio in Urban Center, il bel salotto culturale di Milano, in una sera di forte vento che ha spazzato la città in modo impietoso: lunedì 25 marzo 2019.
L’aria gelida, giunta a sedare i tepori primaverili, ha fatto da cornice alla presentazione del primo noir speleologico milanese edito coraggiosamente dalla Fratelli Frilli Editore.
Scritto da speleologi per un pubblico non facilmente impressionabile per le tematiche trattate, “La Gorgone di Milano” è stata introdotta con astuzia intellettuale e simpatia da Gianluca Margheriti, scrittore meneghino e cultore di tutto ciò che è legato alla città. La sua ironia ha smorzato l’alone orrorifico evocato dalla Gorgone.
“La Gorgone di Milano” lo ha pietrificato, come è nella sua natura, ma non al punto da impedirgli di sottoporre gli autori presenti ad una serie di domande sulla genesi del libro.
A fare da padrone di casa Alfredo Spaggiari, mente e cuore di Urban Center, anch’egli catturato dalla Gorgone e dalle sue pericolose inclinazioni sotterranee, speleologiche ed esoteriche.
(La foto che ritrae i due scrittori-speleologi nei pressi di uno dei luoghi dei delitti della Gorgone è di Riccardo Mari)