Coca Cola e marchese De Sade

 

Il banchiere in compenso gli sorrideva amichevolmente. Inaspettatamente trasse dalla glacette una bottiglia di Coca-Cola. Il sindaco non si sarebbe mai aspettato di vederne una bottiglia tra le mani del banchiere.

Da quando lo conosceva lo aveva visto bere esclusivamente i migliori vini e i distillati più pregiati, ma mai una bibita gassata.

Al sindaco parve di vedere il banchiere compiere un atto quasi sacrilego.

“Si tolga quell’espressione da tonto, Villa!

Sì, io adoro la Coca-Cola in talune circostanze.

La pretendo servita freddissima, come questa.

E sono troppo cresciuto per sentirmi dire che essa è il simbolo dell’imperialismo americano con il quale gli Yankees ci hanno invaso e hanno corrotto i nostri giovani.

Che noia, Villa.

Già negli anni Settanta queste considerazioni da circolo neofascista posto in un sottoscala mi tediavano nel profondo, figuriamoci oggi…”, scherzò il banchiere riempiendo i bicchieri e rimembrando il suo passato eversivo.

Era sempre stato un cane sciolto, insofferente a certi diktat tipici dell’ambiente.

Pur amando la lettura di Evola, preferiva i classici russi del Novecento o i testi del Divin Marchese.

Tratto da Assedio mortale a Milano. La terza indagine del banchiere Raoul Sforza di Ippolito Edmondo Ferrario, Fratelli Frilli Editori