Dall’Archivio. Branduardi: “Il futuro ha un cuore antico…”
Branduardi: “Il futuro ha un cuore antico…”
Intervista con il menestrello della nostra canzone d’autore.
Ippolito Edmondo Ferrario
Secolo d’Italia, 22 maggio 2008
Si inaugurerà ufficialmente il prossimo 26 maggio a Varese la seconda edizione del festival “Insubria, terra d’Europa”, un grande evento culturale dedicato alla cultura, alla musica e all’ambiente di questa porzione di territorio, l’Insubria appunto, che si estende tra le province di Varese, Como e Milano, organizzato dall’Associazione Culturale Terra Insubre. Ad aprire la kermesse sarà il concerto di Angelo Branduardi “Alle radici dell’Europa”, che torna con i suoi più grandi successi per raccontare di un passato lontano, carico di storia e di spiritualità che sembra più che mai tornato di attualità. D’altronde il messaggio del cantautore nato a Cuggiono, in provincia di Milano, classe 1950, è chiaro: “In questi tempi di globalizzazione, se da una parte dobbiamo aprirci ai mondi più lontani, il rischio negativo è quello di perdere la nostra identità e di mutare la globalizzazione in mercatizzazione. Credo che il lato positivo della questione sia imprescindibile dalla salvaguardia culturale delle nostre origini, dei nostri valori e della nostra storia. In pratica non c’è futuro senza radici” ha detto Branduardi raggiunto telefonicamente. Branduardi ha ricordato i suoi esordi negli anni 70, in un’epoca musicalmente prolifica, ma certamente condizionata dalla politica, dall’impegno tutto a sinistra che tendeva a escludere le diversità e chi non faceva della musica una questione di militanza.
“All’epoca, esattamente come oggi, ho seguito, dopo gli studi di Conservatorio, il mio istinto, la mia necessità di ricerca spirituale che non ho mai pensato di mascherare per bruciare i tempi o per avere dei vantaggi. Un po’ come il mio naso che in tanti anni non mi sono rifatto! Nel marasma di allora ero una mosca bianca, ma a distanza di anni il mio lavoro è stato riconosciuto come valido. Ho interpretato quello che sentivo e che vedevo, anticipandolo sui tempi. Si è solo trattato di aspettare, come ogni vero artista dovrebbe saper fare. Vedere oltre”. E con una carriera come quella di Branduardi non si può che dargli ragione, avendo effettivamente dato lo spunto ad un intero filone di cui si può considerare il capostipite. Autentico menestrello dei giorni nostri, Branduardi ricorda con grande nostalgia un altro grande artista dei nostri tempi, da pochi anni scomparso: “Da adolescente compravo i vinili di De Andrè. Con lui ho condiviso un’amicizia personale e la medesima ricerca di tematiche legate al mondo dei trovatori e delle nostre radici lontane. Ho sempre nutrito nei suoi confronti una grande stima. Anche lui era in cerca di risposte esistenziali che guardavano verso Dio. Sarebbe retorico dire che dopo di lui si è sentito un immenso vuoto”. E sull’onda del ricordo di De Andrè, Branduardi dice che attualmente la sua affinità musicale è tutta per Franco Battiato. Il prossimo concerto che si terrà a Varese nel titolo stesso “Alle radici dell’Europa” contiene un esplicito richiamo proprio alle nostre radici, al concetto di identità dei popoli, identità che rischiamo di dimenticare per andare verso un futuro incerto. Un concetto di Europa che è sempre stato sostenuto dalla destra e che risulta ben lontano dall’Europa dei banchieri e delle multinazionali.
La manifestazione, inaugurata dal concerto di Branduardi, è tutta volta a valorizzare proprio il patrimonio culturale dell’Insubria, zona in cui la Lega Nord da anni raccoglie moltisissimo consenso. Abbiamo chiesto a Branduardi che cosa pensa dell’idea di federalismo del movimento di Umberto Bossi: “Non è mio compito insegnare, assurgere al ruolo di maestro come magari fanno altri artisti. Mi sento una persona che ha da imparare su tematiche che non le competono. Piuttosto preferisco affidare alla musica il mio messaggio, il mio modo di vedere le cose. Questo è il linguaggio che mi compete. Giudico positivamente l’idea di federalismo se vuol dire preservare le identità e mantenere vivi certi valori. Non spetta a me dimostrarne la validità, ma è la storia che ne dimostra la positività a cominciare dal pensiero di Cattaneo in poi”.
Branduardi suonerà al Teatro Apollonio, in piazza Repubblica, con inizio alle ore 21.00, proponendo brani dell’album “L’infinitamente piccolo”, seguiti dall’esecuzione, sulle note del suo inseparabile violino, dei suoi maggiori successi come “Alla Fiera dell’Est”, “Cogli la prima mela” e altre canzoni che hanno tutte la stessa impronta di tenace spiritualità senza mai però scadere nel proselitismo o nella cieca fede religiosa.
“Mi sento molto più simile a San Francesco piuttosto che ad un crociato. Ho dedicato al santo predicatore parte dei miei lavori, ma ben pochi conoscono il suo lato più umano e vulnerabile, quello dell’uomo tormentato che era in continua ricerca di domande. In questo aspetto mi sento molto simile a lui, non ho certo una fede a prova di bomba”. Gli abbiamo chiesto quale sia il suo rapporto con Dio: “Direi che è tutto nella musica. Tutti gli etnomusicologi sostengono che la musica fin dai primordi ha avuto a che vedere con la spiritualità, con quel “vedere oltre” degli artisti. I primi musicisti della storia dell’uomo furono gli sciamani, gli stregoni. La musica è una forma di ricerca spirituale che coinvolge il corpo e la mente, che mette d’accordo il diavolo e l’acquasanta. Un vero musicista non può certo definirsi ne laico ne laicista”. Le parole di Branduardi fanno pensare invece a tutti gli artisti che sono molto distanti da questa sua concezione tanto antica quanto nobile del mestiere, ma questo non è per lui motivo di critica nei confronti degli altri: “Ci troviamo in Italia di fronte a tre generazioni. La mia, fatta da artisti cinquantenni, una di ventenni emergenti e un’altra di quarantenni che vengono proposti come eterni ragazzi. Di fronte ai successi enormi di classifica e delle vendite, credo che comunque la qualità ci sia, magari poca, ma c’è. Non si può troncare giudizi netti di fronte a certi numeri. Tra gli artisti della mia generazione stimo tantissimo, come già detto, Franco Battiato, ma anche Paolo Conte e Francesco De Gregori. Francesco è una persona seria, fuori dagli schemi. Magari fin troppo seria, ma va bene così”. Certamente anche Branduardi a proposito di serietà non scherza, nel senso che raramente è protagonista del gossip o di trasmissioni televisive: “Ho una vita sociale come tutti e in questo caso faccio vita mondana. Sono amico dello scrittore Faletti e anche di altri, ma non mi piace stare troppo sotto i riflettori. E poi, se fai sentire un po’ la mancanza al tuo pubblico, credo che poi abbia più desiderio di rivederti”. Fino al 1 giugno saranno ancora visitabili due mostre correlate alla manifestazione: “Volti d’Insubria” e “Il Ducale: Bandiera di Insubria”, esposizioni inaugurate alla presenza del Sindaco di Varese, Attilio Fontana e dal curatore della mostra “Volti d’Insubria”, Mario Castiglioni, e dell’artista Luciano Lutring, il famoso “solista del mitra”, un tempo rapinatore con la passione per le belle donne e le auto sportive, e oggi affermato scrittore e pittore di una certa fama. Castiglioni espone trenta ritratti, ognuno dei quali ha come didascalia il nome del personaggio, la sua professione, ed una piccola frase di corredo: il “fil rouge” della mostra è lo sguardo antropologico che intrappola, al di là dell’obiettivo, storie personali di cittadini insubrici, in un approccio che diventa poi storico e sociale. Attraverso l’attenzione ai cittadini sono illustrate le peculiarità delle province dell’Insubria. Si tratta di ritratti ambientati, collocati nel tempo, ma soprattutto nello spazio. Professioni intellettuali e arti manuali, dove la territorialità compenetra il lavoro e il lavoro forgia la materia.
Per non citarne che alcuni, sono raffigurate le professioni d’acqua, con il guardia parco in barca del Ticino, il canoista olimpionico, il capo timoniere del lago Maggiore, il pescatore del lago, quelle di terra, con l’erborista di montagna, l’apicoltrice, il veterinario di fattoria, e ancora i mestieri di fuoco, dove il fuoco sapientemente incanalato permette la creazione artigianale del vetraio, e persino d’aria, nel volteggiare aggraziato della ballerina. Non potevano poi mancare gli artisti: due pittori, l’uno ex rapinatore, l’altro frate cappuccino e lo scrittore medico condotto.