IL BANCHIERE DI MILANO

IL BANCHIERE DI MILANO

Comunicato Stampa

 

Sullo sfondo di una Milano incantevolmente innevata da un inverno freddo e cupo, si alternano diversi personaggi egocentrici, narcisisti e tutti assetati di fama e di potere. In questo avvincente romanzo noir e ricco di suspence, si intrecciano storie e interessi di uomini e di donne legati dalla bramosia di ricchezza a qualunque costo. Anche della vita stessa!

A comporre il puzzle del noir un giovane politico, l’Onorevole Enrico Villa (detto “il bomber”), di idee molto vicine all’estrema destra, la “famiglia” Surace, con a capo Don Pasquale (e i suoi due figli), convinto che gli errori si paghino solo con il sangue, ma con una visione rivolta al futuro e al cambiamento al quale ci si deve inevitabilmente preparare. E ancora due amici e soci in affari decisamente poco leciti, il costruttore Matteo Pirovano e il commercialista Paolo Fumagalli, ai quali si aggiunge la moglie di quest’ultimo, Elisabetta, disposta a tutto per mantenere il suo status sociale e non solo…

In tutto questo mix di personalità così diverse tra loro, si affaccia un nuovo personaggio, indubbiamente il più misterioso, intrigante, dal fascino oscuro e dal passato burrascoso. Raoul Sforza è ultimo discendente di una nota famiglia di banchieri meneghini, maestro di alta finanza, mecenate e appassionato di musica rock al punto che è l’unica vera passione che riesce davvero a placare il suo animo inquieto.

Raoul si divide tra le mura del tetro palazzo di famiglia in via del Lauro, nell’elegante zona Brera, a un passo dalla Scala e dal cuore della finanza, e il suo “Buen Retiro” a Bonassola, sulla costa ligure di Levante.

A dare una svolta a trama e personaggi l’arrivo nella vita del banchiere della giovane Viola, figlia di Paolo Fumagalli. Il padre è stato ritrovato morto assassinato dopo un breve rapimento finito in tragedia e, nelle sue ultime volontà, affida il destino della figlia e del suo patrimonio (astutamente custodito nella complessa rete omertosa dei conti cifrati svizzeri e dei suoi silenziosi custodi), all’astuzia e al fiuto del noto banchiere meneghino. Nelle carte fatte ritrovare alla figlia e custodite all’interno di una cassetta di sicurezza, vi sono importanti documenti lasciati proprio a Sforza, che rivelano una verità che vale ben oltre la ricchezza posseduta, ma che solo verso la fine del romanzo svelerà tutta la portata del suo contenuto. Raoul, poco incline alla compagnia, dal carattere spigoloso e perfino irritante, si ritroverà (suo malgrado), colpito dallo sguardo e dal colore degli occhi di Viola, che tanto gli ricordano Anna, un amore mai dimenticato e che, al momento della prematura scomparsa, portava in grembo suo figlio. E poi, come sottofondo parallelo alla trama del noir, un Raul Sforza pronto a surfare il Kali Yuga e non solo tra i sondaggi della politica…

 

“Il Banchiere di Milano”, Fratelli Frilli Editori, è disponibile in tutte le librerie d’Italia al prezzo di € 14,90 e nei principali store digitali.

Per interviste all’autore e invio immagini in alta definizione:

Ufficio Stampa Ippolito Edmondo Ferrario

 

Ardeche Comunicazione S.a.s.

Via Andrea Verga, 4 – Milano Tel. 02.2367048 r.a.

http://https://youtu.be/farkWOrB1Zg

Milano raccontata dalla Gorgone: il Carrobbio

Milano raccontata dalla Gorgone: il Carrobbio

Sul Carrobbio vegliava e incombeva la Torre dei Malsani, lacerto dei fasti imperiali romani, mozzicone della torre che forse aveva una gemella e tra le due, si dice, s’apriva una porta, la Porta Ticinensis, quella che chiudeva fuori l’omonimo quartiere sottostante.

La Torre era un ricettacolo di malattie e i malati lenivano le piaghe purulente e le tossi catarrose e sanguinose con l’acqua del pozzo, considerata miracolosa, che stava all’interno. Probabilmente era la sola acqua a disposizione dei lebbrosi, dei colerosi, dei rattrappiti, dei tisici… Tutti lì riuniti assieme in un valzer di morte quando il “feral morbo”, la peste, calava sui borghigiani.

Un sentore tanto di morte quanto di rivalsa aleggiava perenne sul Carrobbio. I più nemmeno si fermavano a bere un bicchiere di vino oppure a desinare nel paio di osterie che vi si affacciavano. La gente comune preferiva fare due passi in più ed inoltrarsi nel delta di vicoli che da qui si dipartiva, per poter mangiare un piatto di pollo arrostito, una zuppa di cipolle e patate, o magari la più tipica cassoeula, a base di verze e maiale.

Tratto da La Gorgone di Milano

di I.E.Ferrario e G.Padovan

320 pag

Fratelli Frilli Editori