Marco Frilli, il padre del noir italiano

Marco Frilli, il padre del noir italiano

C’è l’editoria dei grandi numeri, dei colossi editoriali, dei fatturati che fanno la differenza, degli amministratori delegati, delle librerie in franchising che assomigliano ai supermercati della grande distribuzione.

L’editoria, come fenomeno di massa e puramente commerciale, è quella che ci piace meno forse perché è quella alla quale siamo pressoché assuefatti.

E poi capita ancora, sempre più raramente, di imbattersi in storie di editori che nascono piccoli, ma che da soli, forti della loro tenacia e di ottime intuizioni, costruiscono qualcosa che va al di là di ogni più rosea aspettativa e migliore previsione. E quando questi editori ci lasciano, la loro eredità morale non è sempre facile da mantenere, specie quando ad essa si aggiunge una grande vuoto affettivo.

E’ accaduto di recente a Genova con la Fratelli Frilli Editori (http://www.frillieditori.com).

Marco Frilli, il papà del noir, prima ligure e poi italiano, se ne è andato dopo una lunga malattia nell’ottobre del 2016.

Per tentare di colmare questo vuoto i suoi autori, che a lui devono molto, se non tutto, hanno scritto ognuno un racconto nel quale far rivivere il loro amato editore. Sembra una favola, ma non lo è.

Quarantacinque autori italiani di noir in trentanove racconti hanno voluto ricordare il “loro” Marco. In questa antologia che esce in questi giorni, intitolata «Una finestra sul noir», le “penne” sono diverse, ma uguali nel manifestare rispetto e, soprattutto, affetto verso un uomo che, per la fortuna dei lettori, a un certo punto della sua vita ha voluto tentare l’avventura decidendo, in un’Italia che legge poco, di pubblicare libri.

In queste pagine gli “investigatori seriali” dei romanzi giallo pantone lo incontrano, coinvolgendolo in inchieste o confidandosi con lui, perché effettivamente così succedeva: chiacchierare con Marco era utilissimo – un abbozzo di trama, personaggi accennati, una città come sfondo – e i suoi consigli aiutavano a definire quanto ancora nebuloso, cosa andava e cosa no. Racconti si diceva, microstorie giallo- noir efficacemente tratteggiate in chiaroscuro a metà strada tra fantasia e realismo, “cerchi chiusi”, ma non tanto da non poter essere attraversati con fare deciso da chi sente sue le trame che percorre: Marco, che evidentemente vive, tenendo i suoi autori – e non solo – come prigionieri di un incantesimo. Non per nulla su questa antologia suo figlio Carlo ha detto: «…per me sarà come incontrarlo ancora…». Il quarantesimo racconto – selezionato da una giuria di esperti presieduta dallo scrittore Valeri Varesi (autore anche della prefazione) e composta da Patrizia Debicke, Manuel Figliolini, Cecilia Lavopa e Cristina Marra – è il vincitore del concorso organizzato dagli amici di Radio Savona Sound a Lui dedicato, mentre i proventi delle vendite del volume saranno devoluti, con gratitudine, all’Associazione Gigi Ghirotti ONLUS.

Gli autori della raccolta sono: Adriana Albini, A. Alioto e R. Repaci, Rocco Ballacchino, Ivano Barbiero, Alessandro Bastasi, R. Besola, A. Ferrari e F. Gallone, Fabrizio Borgio, Daniele Cambiaso, Roberto Carboni, Diego Collaveri, Dario Crapanzano, Armando d’Amaro, Matteo Di Giulio, Massimo Fagnoni, Ippolito Edmondo Ferrario, Roberto Gandus, Fiorenza Giorgi e Irene Schiavetta, Daniele Grillo e Valeria Valentini, Domenico Ippolito, Achille Maccapani, Vincenzo Maimone, Gino Marchitelli, Maria Masella, Marvin Menini, Alberto Minnella, Roberto Mistretta, Bruno Morchio Ugo Moriano, Roberto Negro, A. Novelli e G. Zarini, Paola Mizar Paini, Alessio Piras, Alessandro Reali, Nicoletta Retteghieri, Massimo Tallone, Simone Togneri, Alberto Tondella, Maria Teresa Valle, Laura Veroni, Maria Bellucci.

 

 

 

 

 

Quando lo scrittore viene raccontato da un altro scrittore

Quando lo scrittore viene raccontato da un altro scrittore

-Lo sai che ho parlato di te nel mio libro sul Ponente Ligure?-

-No…Stai scherzando?! Non so niente- rispondo io perplesso. Mi sembra di cadere dal pero.

-Come è possibile che nessuno ti abbia avvisato?- insiste Alberto

-Credimi. Io non ne so niente. Ma davvero hai scritto di me?-…

 

Per un po’ di tempo io e Alberto non ci siamo sentiti. Persi di vista, si dice. La distanza di certo non aiuta così come l’aver messo su famiglia, o averla ampliata, come nel mio caso. Gli impegni quotidiani, lavoro, figli… si cerca di incastrare tutto alla perfezione o quasi. A volte si riesce, ma qualcosa, in questa continua “mediazione” che è la vita, si lascia purtroppo indietro.

La telefonata dell’altro giorno mi ha riportato indietro di qualche anno. Era da poco uscito per i tipi della Frilli Editore il mio romanzo noir “Il pietrificatore di Triora”, la mia prima incursione nel genere dopo alcune guide dedicate all’entroterra ligure di Ponente. Mi ci ero buttato a capofitto, con l’entusiasmo del pivello, in un’epoca in cui tutti scrivevano un noir. Per la verità anche oggi tutti scrivono noir. Potevo essere da meno? Misi in moto un personaggio strambo, un detective privato, ex gallerista milanese. Dovevo attingere al mio presente lavorativo, quello di gallerista appunto. Non posso giudicare il risultato, ma a qualcuno il libro piacque. L’ambientazione non poteva che essere Triora, la mia ossessione…Questo borgo così lontano da Milano, ma tanto radicato nel mio inconscio. Una passione prossima alla paranoia per la bellezza cupa e suggestiva di un paese legato alla stregoneria e ad oscure vicende storiche.

Il libro uscì e con esso articoli, recensioni, alcune lusinghiere. E poi ne venne una, scritta da un certo Pezzini, avvocato in quel di Sanremo. Costui teneva una rubrica, denominata “Il Fanfulla”, sul settimanale locale La Riviera.

Il pezzo era intitolato “Il lombardo che canta Triora”. Lo lessi tutto d’un fiato. Pensai che mai avevo letto parole più belle, sincere e spassionate su di un mio libro. Ecco qui di seguito l’articolo del 26 gennaio 2007…

Albergo Colomba d’Oro di Triora. Un giovane scapigliato lombardo e la malia di un paese appiccicato alla montagna più alta della Liguria. Colazioni pantagrueliche al mattino, una terrazza buttata su boschi e coppi rosseggianti nel sole d’ottobre. Di notte, nei boschi ancora pieni di caldo dell’estate, una camminata tra suoni, odori e parole evocative. Tutto questo sarà la maratona letteraria che si terrà a Triora il 21 ottobre con la partecipazione di Andrea Pinketts ed Ippolito Edmondo Ferrario. Quest’ultimo ha scritto un bel noir, Il pietrificatore di Triora, che si legge velocemente e tutto d’un fiato. Ricorda molto da vicino il Pinketts di Lazzaro Santandrea quello prima maniera per intenderci. Il bello è che il giovane Ferrario ha creato – a Triora – lui che è lombardo nel midollo più intimo – e precisamente vive a Milano dove gestisce una galleria d’arte neanche troppo modesta – una sorta di festival della letteratura stregonesca. In ciò è stato aiutato dalla giovane patronne dell’Albergo Colomba d’Oro che l’ha aiutato e ne ha ricevuto davvero un’incoronazione solenne nel romanzo. Anche se non ne avrebbe avuto bisogno vista la genuinità della struttura e la bellezza misteriosa ma semplice di questo ex-convento trasformato fatescamente in albergo dalle mille delizie.

Il libro di Ferrario è da leggere. Vi ricordate quando da bambini prendevamo in mano un libro che ci catturava occhi e mente per un pomeriggio? La malia sarà la stessa per chi è appassionato del genere noir condito con fantasia e senso tattico della realtà. Il Ferrario è intraprendente ed ha saputo impastare un intreccio dove la mano esercitata dello scrittore di pezzi ad hoc per Tutto Turismo si mescola maliziosamente con alcune trovate degne di un nuovo astro nascente della letteratura locale.

Il bello è che Triora, Sanremo, Molini e la Liguria delle nostre zone si sentono anche all’olfatto leggendo la pagine di questo libro edito dalla Frilli.

Ciò che colpisce è che promoter delle nostre zone sia proprio un lombardo il quale ha saputo assimilare sotto pelle – in modo davvero stregonesco e quasi misterico – il senso di Liguria. Un personaggio chiave del romanzo sarà proprio un ligure puro come l’acqua dei nostri torrenti, il quale parla pochissimo, a mezzo di frasi sempre tronche e quasi reticenti, ma interviene quando meno te lo aspetti con una bruschezza che risolve tutto. Come i liguri – Ferrario – chissà perché – mi ha ricordato un poco un francese che aveva scritto un libro bellissimo e crudo – ti sembrava di leccare uno scoglio tanto sapeva di mare in certe scene – sulla Puglia: Gli Scorta. Probabilmente sarà un mutante pure lui. Va detto che il ragazzo possiede anche un’innata inclinazione mercantile la quale aiuta molto e lo aiuta nei suoi vernissage letterari. Va bene anche questo. Quello che dispiace potrebbe essere il fatto che un lombardo canti Triora, anziché un ligure: cazzi nostri.

Ci dovevamo pensare prima.

Alberto Pezzini

Torniamo, con uno scarto di undici anni, alla telefonata con la quale ho aperto questo articolo.

Che fare dunque?

Con la sua voce che è rimasta immutata nel tempo, la sua cadenza sanremasca, Alberto mi ha ricordato quegli anni passati, la libertà di vederci, certe serate pazzesche fra Triora, Apricale, con ulteriori incursioni che arrivavano a Finalborgo, passando per Ventimiglia. Quante risate, aneddoti. Si rideva di gusto.

Non c’è stata malinconia nel nostro amarcord, ma consapevolezza che certe cose cambiano. Che si voglia o no. Eppure, nonostante tutto, quel sottile filo che c’era allora e che ci legava non si è spezzato. Magari per qualche anno è diventato sottile, invisibile, ma esso c’era. La curiosità allora è stata devastante. Dopo aver salutato Alberto non ho potuto non ordinare il suo Viaggio nel Ponente ligure. Il confine sconosciuto. Cahier di viaggio, Historica Edizioni, (www.historicaedizioni.com).

Il libro mi è arrivato oggi. Da circa tre ore è qui davanti a me. L’ho sfogliato con avidità, ma con troppa fretta. Ho visto e riconosciuto nomi e volti. Paesi, borghi e cose buone che ho assaporato durante cene conviviali. E poi sono corso a Triora, a leggere quelle pagine dove Alberto mi ha inserito. Ero quasi tentato di riportarne alcuni stralci, ma poi mi sono detto che non è giusto. Piuttosto fate come me, ordinatelo questo libro. Mi sembra che Alberto lo abbia scritto con quella necessità che a volte si ha di imprimere su di un pezzo di carta certe cose. Spesso i ricordi. Per tenerli vivi e forse perché si ha la paura che un giorno andranno persi. E questi ricordi Alberto li ha scritti con il cuore.

La prima presentazione non si scorda mai

La prima presentazione non si scorda mai

Fine estate del 2003. Quindici anni fa. Sembra passata una vita ed in effetti è così. Mi ricordo ancora incredulo quando ricevetti la lettera-invito per partecipare, in qualità di ospite, ad una delle serate dell’edizione Libri di Liguria, storica rassegna dell’editoria regionale che si teneva, e si tiene, a Peagna, nei presso di Ceriale (www.libridiliguria.it).

E ancora più incredulo fu quando la  domenica mattina del 31 agosto, seduto ai tavoli dell’Albergo San Michele di Celle Ligure, sfogliando i quotidiani, vidi il mio nome. Mi sembrava una cosa fuori dall’ordinario. Venivo citato tra gli ospiti della serata.

Di quella prima presentazione ho alcuni ricordi. Il primo è legato al mio arrivo a Peagna, poco prima di sera. Ero giunto con un certo anticipo. Come mia consuetudine all’epoca mi spostavo unicamente in moto. Ricordo un tramonto stupendo sul mare, in lontananza. Io fermo sul ciglio della strada, tempo di una sigaretta e di respirare l’aria fresca delle montagne alle mie spalle. Ero agitato essendo la mia prima apparizione di fronte ad una platea. Il parlare in pubblico non mi sarebbe mai piaciuto neppure negli anni a venire, ma mi ci sono abituato. Questione di timidezza e pudore. Poi non nascondo che in certe presentazioni mi sono divertito e tuttora mi diverto. Ma l’idea di essere di fronte ad una platea, piccola (quasi sempre) o media, un po’ mi infastidisce.

L’altro ricordo è legato al clima di cordialità che mi fu riservato e alle persone giunte ad ascoltarmi. Devo ammettere che dopo le mie prime battute mi sentii a mio agio, merito del Prof. Franco Gallea che introduceva gli ospiti della serata. Tra questi c’era un bravissimo fotografo, tale Enrico Pelos, fra altro autore di ottime guide sulla Liguria (www.enricopelos.it).

Anni dopo il buon Pelos si sarebbe ritrovato a interpretare il ruolo di un moderno druido nei panni di “Pelos il Selvadego” nel mio romanzo “Miracolo a Castelvecchio di Rocca Barbena”, Internos Edizioni (www.internosedizioni.com).

Come dicevo da allora sono passati parecchi anni, ma il ricordo di quella sera, magari un po’ sbiadito, permane. A volte ho l’impressione che tutto sia cominciato lì. In quel piccolo paese, una sera di fine estate, guardando un tramonto. Io e la mia moto.

La Stampa, 31 agosto 2003