da Ippolito Edmondo Ferrario | Ago 10, 2020 | Accadde Domani
5 settembre 1974. Cesare Ferri si consegna per entrare in carcere.
La fine di agosto si avvicina. Mentre è al mare apprende da un quotidiano di essere ricercato. L’articolo è inequivocabile. I giudici lo vogliono arrestare perché lo ritengono autore dell’attentato firmato dalle Sam alla sede del Psi di via Crescenzago, attentato nel quale lui non c’entra. Naturalmente il profilo di Cesare Ferri che compare sul giornale non è dei migliori. Inevitabilmente pensa a quello che hanno già scritto di Giancarlo,
e capisce d’essere l’uomo perfetto da accusare soprattutto da morto. Sceglie quindi di tornare a Milano e si prepara a costituirsi per difendersi.
«Decisi di tornare principalmente per l’accusa infamante di essere uno stragista. Non potevo tollerare che me la cucissero addosso. Oltre al fatto che ero certo che si stesse cercando di farmi fare la fine di Giancarlo».
Ferri si incontra con il suo legale e poi con i camerati. Sente che è il momento dei saluti, il carcere lo attende. È il 5 settembre del 1974 quando fa il suo ingresso a San Vittore. Inizia così un lungo iter giudiziario diviso su più fronti processuali.
«Quando si celebrò il processo contro Loi e Murelli anch’io fui presente insieme ad altri camerati. Ero dentro per l’attentato in via Crescenzago alla sede del Partito Socialista Italiano. Il giorno della lettura della sentenza pronunciata dalla Corte di Assise ero in aula ad assistere in quanto coimputato per resistenza a pubblico ufficiale e adunata sediziosa. Eravamo tutti insieme. Fu lì che accogliemmo la lettura della condanna con il Sieg Heil gridato in aula e accompagnato dal saluto nazionalsocialista. Un gesto che rimase impresso nella memoria di molti. Nei giorni del processo si verificarono diversi episodi, tra cui il mio alterco con Rea che allora dirigeva l’Ufficio Po litico della Questura. Lo sfidai a duello e lui sbiancò…Ma andiamo avanti… Mentre ero detenuto per le Sam, mi arrivò l’indizio di reato per tutti gli attentati compiuti in Alta Italia dal 1969 al 1974, come ho scritto in ‘San Babila la nostra trincea’. Poi mi spiccarono il mandato di cattura per il Mar di Carlo Fumagalli e per Ordine Nero. Fui condannato per l’attentato di via Crescenzago a due anni e due mesi. Successivamente fui indiziato come esecutore della strage di Brescia. Per quest’ultima venni sottoposto a interrogatori che duravano
una media di dieci ore. Si svolgevano in presenza in genere di due o tre pubblici ministeri, un giudice istruttore e sei o sette avvocati di parte civile. Al termine del primo interrogatorio a Brescia ricordo che tornai
in cella e senza neppure svestirmi, mi sdraiai così com’ero e mi addormentai esausto. Era solo l’inizio del mio periodo di detenzione che sarebbe durato fino al 1978.
Tratto da: Susanna Dolci, Ippolito Edmondo Ferrario, Cesare Ferri. Genesi di un ribelle, Edizioni Settimo Sigillo
da Ippolito Edmondo Ferrario | Lug 13, 2020 | Accadde Domani
13 luglio 1993. L’avventura del Fronte Nazionale. L’arresto di Freda e di Ferri.
È il 13 luglio del 1993 quando il nome di Cesare Ferri torna sotto i riflettori per un nuovo arresto che lo vede protagonista insieme a Giorgio Franco Freda e ad altri nell’ambito di un’indagine partita dal Pm di Verona Guido Papalia. Ma occorre fare un passo indietro al 1990. Da quando è uscito dal carcere Cesare non ha mai smesso di fare politica, ma non si è impegnato con alcun movimento parlamentare o extraparlamentare. È rimasto amico di
Freda, anche se non si sono più visti. Il rapporto si è fisiologicamente diluito nel tempo, ma rimane il fatto che siano legati da amicizia e da una comune visione della vita. Non tutti sono all’altezza di intrattenere rapporti privilegiati di questo tipo con Freda. Si sta vivendo un particolare momento politico col problema dell’immigrazione irregolare. In quell’anno viene approvata la legge Martelli, voluta dall’ex ministro socialista in tema di immigrazione e che pone le basi per permettere un flusso migratorio continuo nel nostro paese. In molti vorrebbero che si faccia qualcosa. In quel
periodo Cesare ha modo di passare da Bologna per rivedere Freda. È proprio a Bologna che nasce l’idea del Fronte Nazionale.
Tratto da: Susanna Dolci, Ippolito Edmondo Ferrario, Cesare Ferri. Genesi di un ribelle, Edizioni Settimo Sigillo
da Ippolito Edmondo Ferrario | Mag 25, 2020 | Accadde Domani
30 maggio 1974. Muore Giancarlo Esposti.
Il 30 maggio a Pian del Rascino, in provincia di Rieti, viene ucciso Giancarlo Esposti in un conflitto a fuoco con i carabinieri. Con lui vengono arrestati Alessandro D’Intino, Salvatore Umberto Vivirito (arrestato un giorno dopo in quanto non presente durante il conflitto a fuoco) e Alessandro Danieletti. La dinamica degli investigatori è la seguente: giunti i carabinieri e le guardie forestali sul posto, dove da qualche giorno sono accampati i neofascisti, i primi ingaggiano un conflitto a fuoco in cui Esposti muore. Gli altri camerati vengono arrestati. A centinaia di chilometri di distanza Cesare apprende della morte dell’amico che ormai non vedeva né sentiva da mesi. È sconvolto e con lui gli altri che hanno conosciuto Giancarlo. Un senso di desolazione e di rabbia serpeggia tra i ragazzi della piazza milanese. La sera dopo Cesare andrà a casa di Giancarlo per portare le proprie condoglianze alla famiglia. E mentre ancora si piange la morte di Giancarlo, sulla scena si insinua qualcosa di inquietante che è la prova della presenza di apparati dello stato che operano con precisi scopi. Da Brescia i giudici avevano divulgato tempo prima l’identikit di quello che sarebbe dovuto essere l’attentatore di piazza della Loggia: Giancarlo Esposti. I magistrati bresciani mettono in relazione i fatti di pian del Rascino con la strage di Brescia. Il gruppo di Esposti sarebbe il responsabile della strage, l’esplosivo trovato sulle alture di Rieti lo stesso utilizzato in piazza della Loggia. Peccato che ci sia un dettaglio fondamentale che smonta il teorema: quando Giancarlo viene ucciso porta una barba folta che si è fatto crescere da parecchio tempo, mentre il Giancarlo dell’identikit di Brescia è senza un filo di barba. Si è cercato quindi di “confezionare” a tavolino il colpevole della strage. Cesare vuole partecipare ai funerali dell’amico, ma non potrà farlo. Dalla perquisizione del cadavere di Esposti in una delle tasche viene rinvenuta una fototessera di Cesare che lo ritrae, sul retro della quale è riportato il suo nome e cognome. Un elemento che serve alle indagini per poter mettere in relazione il defunto Esposti con Ferri. Dopo l’ennesima perquisizione in casa sua, Cesare viene tradotto nel carcere di Brescia.
Tratto da: Susanna Dolci, Ippolito Edmondo Ferrario, Cesare Ferri. Genesi di un ribelle, Edizioni Settimo Sigillo
da Ippolito Edmondo Ferrario | Mar 4, 2019 | News
“Rimasi in carcere una quindicina di giorni. Era la prima volta. Un’eventualità alla quale ogni tanto si pensava, ma ciò non rappresentava un freno alla nostra attività. Mi ritrovai in cella con Bruno Stefàno coimputato con Gianni Nardi. L’impatto con il mondo carcerario non fu poi così terribile. Non entrai da solo e poi a san Vittore, nel braccio dove ci misero, c’erano altri camerati.Tra questi Franco Freda, all’epoca recluso per la strage di piazza Fontana. Io e Mario Di Giovanni fummo tra i pochi a essere invitati da lui nella sua cella. Ci offriva da bere il karkadè, una bevanda molto amara. Per la verità non ci piaceva affatto, ma nessuno di noi osava rifiutarlo. Parlavamo con lui anche nelle ore d’aria durante le quali Freda non smetteva mai di camminare. Era una sua abitudine consolidata. I nostri discorsi con lui però non riguardavano mai le reciproche vicende giudiziarie. Ricordo che una sera, mentre eravamo in cella, ci mettemmo a fare abbastanza casino tra di noi. Ad un certo punto lui urlò richiamandoci immediatamente all’ordine. Era furente perché in quel momento stava traducendo Celso e aveva bisogno di assoluto silenzio”.
C.F.
Esce oggi in libreria, Edito da Settimo Sigillo di Roma, “Cesare Ferri. Genesi di un ribelle” scritto da Susanna Dolci e dal sottoscritto con prefazione di Adriano Segatori.
Il libro ripercorre le fasi cruciali del percorso politico e umano di Cesare Ferri, uno dei più noti militanti della destra neofascista milanese.
http://www.libreriaeuropa.it/scheda.asp?id=12577&ricpag=1