Accadde domani. 2 ottobre 1968. Viene giustiziato il leader congolese Pierre Mulele

Accadde domani. 2 ottobre 1968. Viene giustiziato il leader congolese Pierre Mulele

2 ottobre 1968. Viene giustiziato il leader congolese Pierre Mulele.

In questo turbinio di violenza tribale lo stesso Pierre Mulele, quasi per ironia della sorte, dopo aver sobillato per anni i Simba a compiere le peggiori nefandezze, pagherà in prima persona le conseguenze. Nel 1968 Mulele fece ritorno a Kinshasa dopo che Mobutu gli aveva concesso l’amnistia illudendolo di poter tornare ad essere un uomo libero. Fu organizzato un ricevimento in suo onore dal generale Louis de Gonzague Bobozo, capo di stato maggiore dell’esercito. Mulele e la moglie furono ospitati nella residenza del Ministro Justin Marie Bomboko presso Gomba.

Il giorno seguente, mentre veniva portato in auto allo stadio dove Mobutu lo avrebbe dovuto aspettare per onorarlo pubblicamente di fronte al popolo, fu condotto invece al campo militare di Kokolo. Qui il 2 ottobre del 1968 venne sottoposto a supplizio: mentre era ancora in vita gli vennero amputati orecchie, naso, occhi, genitali. Fu poi fatto a pezzi e gettato nel fiume.

Tratto da:

Robert Müller, Ippolito Edmondo Ferrario, Maktub. Congo-Yemen 1965/1969, Ritter Edizioni

 

 

 

Il Sergente George Seren Rosso

Il Sergente George Seren Rosso

1967, Bukavu. Lui è il sergente George Seren Rosso. Sarà uno dei pochi e valorosi europei a resistere per mesi all’assedio della città da parte di migliaia di soldati congolesi. A settembre conoscerete meglio la sua straordinaria storia nel libro scritto con Robert Muller in uscita per le edizioni Ritter di Milano. Qui di seguito un link con una rara intervista fatta a George e ad altri volontari europei nei giorni del lungo assedio.

 

 

Accadde Domani. 3 luglio 1984. Muore in un conflitto a fuoco con i carabinieri Rodolfo Crovace detto “Mammarosa”

Accadde Domani. 3 luglio 1984. Muore in un conflitto a fuoco con i carabinieri Rodolfo Crovace detto “Mammarosa”

3 luglio 1984. Muore in un conflitto a fuoco con i carabinieri Rodolfo Crovace detto “Mammarosa”.

Anche noi qualche volta ricorremmo ad aiuti esterni, cioè alla squadra di Avanguardia Nazionale che veniva da fuori: era composta numericamente da pochi elementi, ma risultò determinante specie negli scontri con i katanga, diversi dei quali finirono accoltellati. Questo servì a restituirci una certa tranquillità all’interno della scuola: sapevano che noi, benché in pochi, eravamo agguerriti e cattivi. Il periodo di tregua che ne derivò fu breve e illusorio. Le vicissitudini personali e gli arresti ridussero il numero dei componenti di questo nostro supporto esterno. I compagni vennero a saperlo e ci ritrovammo all’interno della scuola sempre più soli. Ripresero dunque a usarci come bersaglio. In questa seconda fase qualche volta fece la sua comparsa, fuori dallo Zappa, Rodolfo Crovace detto “Mammarosa”, figura di spicco in San Babila.
Un giorno la sua apparizione fuori dall’istituto smorzò gli animi dei compagni. Con i loro modi teatrali “Mammarosa” e Mario Di Giovanni iniziarono a passeggiare sotto le finestre dello Zappa, salutandoci e facendo cenni con cui volevano tranquillizzarci perché “c’erano loro”.
Un altro giorno Mammarosa entrò nel bar Celeste, un locale all’angolo tra viale Marche e via Lario, noto ritrovo di compagni. Vi arrivò da solo e si mise al telefono a gettoni. Fece finta di telefonare e fu attento che i presenti sentissero bene le sue parole rivolte all’interlocutore immaginario. Più o meno disse che era al bar Celeste, ritrovo di “comunisti di merda” e che aspettava che uscissero da scuola i camerati. Finì la telefonata dicendo che se qualcuno avesse provato a dare fastidio ai suoi amici avrebbe fatto i conti con lui. Detto questo mostrò con gesto plateale le due pistole che teneva alla cintura. Tra gli avventori del bar calò il gelo. Quel gesto servì a garantirci ancora un po’ di tranquillità, forse qualche settimana. Poi la situazione peggiorò e una mattina che c’era manifestazione fummo costretti ad uscire dall’istituto passando in mezzo a due cordoni di compagni che ci riempirono di sputi, calci e pugni.
Tratto da: Domenico “Mimmo” Magnetta, Ippolito Edmondo Ferrario, Una vita in Avanguardia Nazionale, Ritter Edizioni

 

 

Accadde Domani. 30 giugno 2001. Condanna all’ergastolo della corte d’Assise di Milano inflitta a Giancarlo Rognoni per la strage di piazza Fontana

Accadde Domani. 30 giugno 2001. Condanna all’ergastolo della corte d’Assise di Milano inflitta a Giancarlo Rognoni per la strage di piazza Fontana

30 giugno 2001. Condanna all’ergastolo della corte d’Assise di Milano inflitta a Giancarlo Rognoni per la strage di piazza Fontana

Il primo grado si concluse per me con la condanna all’ergastolo.
Il giorno che appresi della sentenza vissi un profondo senso di smarrimento. Provai la tentazione di arrendermi, di non riconoscere la giustizia che mi stava giudicando e addirittura di non fare ricorso. Non mi aspettavo di essere condannato all’ergastolo di fronte ad accuse totalmente inconsistenti.
La prospettiva di rimettere in gioco completamente la mia vita con un mio ritorno in carcere era cosa concreta. Se una parte di me avrebbe voluto arrendersi, l’altra reagì.
Proseguii nel dimostrare la mia innocenza. Non mollai grazie alla mia famiglia, all’insistenza di mia moglie Franca e dei miei avvocati. Così, con rinnovato vigore, affrontammo il secondo grado del processo, sforzandoci di smontare, dopo averle analizzate, tutte le varie tesi accusatorie. Fu un lavoro enorme, intenso che richiese uno sforzo notevole. Trascorsi settimane facendo ricerche, acquisendo articoli e documenti nelle biblioteche, al fine di documentare meglio le date e l’inquadramento cronologico di molti fatti attinenti al processo. Tusa mi aiutò in questo compito, mentre a difendermi ebbi anche l’avvocato Enzo Fragalà che si concentrò sugli aspetti più politici della vicenda, ma non solo. I tempi della giustizia furono lunghi, ma alla fine fummo in grado di dimostrare la mia totale estraneità ai fatti.

Tratto da: Giancarlo Rognoni, Ippolito Edmondo Ferrario, La Fenice. Una testimonianza del neofascismo milanese, Ritter Edizioni.

15 giugno 1906. Nasce Léon Degrelle

15 giugno 1906. Nasce Léon Degrelle

15 giugno 1906. Nasce Léon Degrelle

Il 15 giugno del 1906, presso il borgo di Bouillon nelle Ardenne belghe, nasceva Léon Joseph Marie Ignace Degrelle, il leggendario soldato belga che avrebbe infiammato i cuori di generazioni di neofascisti. Così Giancarlo Rognoni ne ricorda il primo incontro:

L’incontro con Degrelle mi aprì un mondo sconosciuto. Di lui ho molti ricordi. A cominciare da quando suonai alla sua porta e lui mi aprì dicendomi: «Bienvenu chez nous, mon camarade». L’accoglienza da parte sua e della moglie Jeanne Brevet fu davvero impeccabile e calorosa. Da quel momento iniziò una lunga frequentazione. A dispetto di quello che uno si sarebbe potuto aspettare, Degrelle non era un uomo che viveva per raccontare le sue gesta, anzi. Quel genere di racconti li condivideva solo con i suoi amici più intimi. Questo lo posso affermare dato che iniziai a vederlo quasi settimanalmente. Innumerevoli volte andai a casa sua ed ebbi modo di ascoltarlo e di confrontarmi con lui. Ciò che mi colpì fin da subito fu il fatto di non essere ancorato al suo passato; non era nel suo temperamento rimanere legato ad un periodo specifico della sua vita.

Ebbi fin da subito l’impressione di un Degrelle che viveva l’attualità, che seguiva da vicino le vicende internazionali con grande occhio critico. Conobbi quindi non solo il Degrelle pluridecorato combattente delle Waffen SS, ma il Degrelle politico, scrittore, il Degrelle filoarabo, l’estimatore delle arti e della storia. Fu grazie a lui che venni introdotto a quel mondo di personalità, per lo più francofone, molto distanti dal mondo italiano da cui provenivo.
Mi trovai perfettamente a mio agio con Degrelle, anche per una certa sintonia nella visione della vita, pur essendo maturata da esperienze molto diverse.

Tratto da Giancarlo Rognoni, Ippolito Edmondo Ferrario, La Fenice. Una testimonianza del neofascismo milanese, Ritter Edizioni.