Dall’Archivio. Pozzetto: negli anni ’70 non facemmo come gli altri

Dall’Archivio. Pozzetto: negli anni ’70 non facemmo come gli altri

Pozzetto: negli anni ’70 non facemmo come gli altri

A colloquio con l’attore a 40 anni dall’esordio in tv

Ippolito Edmondo Ferrario

Secolo d’Italia, 16 febbraio 2008

Ha sessantotto anni, ma non li dimostra. Renato Pozzetto, una delle icone del cinema comico italiano, torna a incantare con la sua comicità surreale in uno spettacolo itinerante intitolato “Nuotando con le lacrime agli occhi” che ha già toccato diverse città italiane e che si prepara ad arrivare al Teatro Sociale di Soresina il prossimo 22 febbraio. L’acclamata coppia Cochi e Renato torna così a far ridere e a riflettere andando a riproporre il vastissimo repertorio di gag, battute e canzoni, alcune delle quali scritte da Jannacci e per l’occasione accompagnate dall’orchestra Godfellas. Abbiamo incontrato Pozzetto nel suo studio nel centro di Milano, poco prima di partire per una tappa del suo spettacolo di cui l’ex ragazzo di campagna così dice: “In Nuotando con le lacrime agli occhi raccontiamo un po’ la fatica di stare la mondo, la battaglia per sopravvivere nella società e le lacrime di molti disperati che raggiungono Lampedusa molto spesso nuotando senza neppure arrivarci”. Una volta accomodatici, accanto ad una moto Guzzi d’epoca (l’attore ha il pallino dei motori) Pozzetto ripercorre gli anni del primissimo esordio praticamente in sordina e di una rapida ascesa.

“Vengo da una famiglia modesta, mio padre era impiegato, padre di quattro figli; sono nato in un periodo, quello della guerra, che ha messo a dura prova le famiglie e la gente, ma che poi è stato lo sprone per tornare a vivere” racconta ricordando la sua infanzia e la sua inclinazione artistica condivisa fin da subito con l’amico Cochi Ponzoni: “Io e Cochi ci divertivamo ad andare suonare in osteria, a fare tardi la sera e a stare con gli amici. Fin da ragazzo mi piaceva l’ambiente dei creativi, dei pittori e delle gallerie d’arte. Ero amico di Crippa, Lucio Fontana, Piero Manzoni. Fu proprio in una galleria d’arte di Milano in via Lentasio che esordimmo con le nostre canzoni: si chiamava La Muffola e la particolarità era che teneva aperto la sera fino a tardi grazie a dei divertentissimi vernissage serali e notturni organizzati dal giornalista Mantegazza. Fu un successo che ripetemmo e poco dopo approdammo al mitico Derby”. Il Derby appartiene alla storia della cosidetta “Milano da bere”, vera icona della voglia di divertirsi dei milanesi degli anni 60’. “Quando arrivammo al Derby conoscemmo un po’ tutti i nostri idoli, musicisti, comici, cantanti. Così insieme a Lino Toffolo, Bruno Lauzi e a Jannacci mettemmo in piedi il mitico Gruppo Motore che poco alla volta iniziò a gestire tutti gli spettacoli del Derby”. Verrebbe da chiedersi se Pozzetto rimpianga la Milano di allora, ma l’attore non è un tipo incline alla nostalgia del tipo “Si stava meglio quando si stava peggio”: “Milano usciva dagli anni della ricostruzione e la città aveva voglia di vivere e di divertirsi. Ma quella è una fase, una delle tante, che fanno parte di una città. Ne meglio, né peggio di oggi. Anzi per i giovani di oggi ci sono molte più opportunità per divertirsi, per avere degli spazi in cui socializzare e magari mettere a frutto il proprio talento artistico” dice Pozzetto forte di una carriera cinematografica così ricca di film di successo che oggi sembrerebbe irripetibile. Qual’è quindi la ricetta del suo successo? “Certamente ho colto le giuste occassioni e sono stato anche fortunato per le offerte che mi venivano fatte. Certo le soddisfazioni sono state tante, oltre ai film, quello di essere primi in classifica con tante canzoni e di raccogliere molto successo in teatro. Naturalmente il tutto ce lo siamo conquistati da soli, senza l’aiuto di nessuno” racconta Pozzetto che non ha comunque peli sulla lingua su certe scorciatoie prese da altri personaggi dello spettacolo. “Negli anni Settanta in molti, schierandosi politicamente in modo aperto, hanno senza dubbio avuto dei favori. Io e Cochi non ci siamo mai interessati di politica e questo per noi è stato un bene. Ancora oggi tra di noi ne parliamo poco, e forse abbiamo pure idee differenti, ma per noi non è mai importato”. Naturalmente questa apoliticità dell’attore non gli precluse il divertentissimo ruolo di protagonista nel film di Steno “La patata bollente”, in cui Pozzetto recitava la parte dell’operaio comunista e sindacalista Bernardo Mambelli, soprannominato Gandhi alle prese con un ragazzo gay, interpretato da Massimo Ranieri, perseguitato sia dai fascisti che dai comunisti. Il film, vero precursore del tema delle coppie gay, mise perfettamente in scena l’intolleranza che anche la sinistra, progressista a parole, provava in pratica verso gli omosessuali. Durante lo stesso governo Prodi i Dico e i Pacs sono stati un’autentica “patata bollente” per la sinistra che ancora una volta ha mostrato la scarsa sensibilità al mondo omosessuale. Il film fu un grande successo, né più ne meno di altri titoli come “Il ragazzo di campagna”, “Un povero ricco”, “Mia moglie è una strega”. Gli chiediamo se in questo momento di grande revival del cinema italiano di quegli anni, anche lui non abbia pensato a girare un sequel dei suoi successi: “Credo che quei film siano stati dei successi perché raccontavano di un periodo specifico, raccontavano storie vere. Riproporre un qualcosa come semplice operazione commerciale, almeno per quanto riguarda me, non mi è mai interessato. E poi, detto fra di noi, i ragazzi di campagna di oggi non ci sono più. Il divario tra i due mondi, quello di città e quello di campagna, è pressochè sparito. I ragazzi che trasportavano il letame con l’Apecar si sono estinti, ma hanno moderni trattori con aria condizionata e autoradio”. Certo, l’idea di tornare a fare cinema non è del tutto esclusa…”Tornerei a girare solo di fronte a un segnale di curiosità nei miei confronti e per propormi qualcosa di nuovo. Le strade già percorse non mi piacciono”. Pozzetto vive praticamente con il cellulare e l’orologio in mano e la voglia di fare il nonno non gli impedisce di continuare a lavorare e a divertirsi: “Oggi più che mai lavoro e ho realizzato diversi miei sogni. Carriera artistica a parte, ho una società che si occupa di trasporti aerei per l’ospedale San Raffaele di Milano. Un lavoro bellissimo che nasce dalla mia passione per il volo!”. Pozzetto infatti, oltre a gestire la società, è pilota di elicotteri e tutto quello che ha un motore lo intriga: “Mi sono sempre piaciute le macchine d’epoca e le moto. Un vero e proprio amore che ho avuto la fortuna di coltivare”. “Ma un sogno nel cassetto le è rimasto?” gli chiedo mentre, sentendolo parlare, mi scorrono di fronte le sue imperdibili gag: “Forse a livello cinematografico ho il rimpianto di non esser riuscito a lavorare con certi grandi registi italiani che nel periodo in cui arrivai io erano già scomparsi, anche se sono riuscito a lavorare con Risi e Lattuada. Era però già un mondo cinematografico che stava morendo. Dunque non voglio lamentarmi”. E sul cinema italiano attuale, Pozzetto è di poche parole…”Sarà una deformazione professionale, ma credo che siano quarant’anni che non vado al cinema!!” mi confida ridendo. “Ma qualche rimpianto, grandi registi a parte, ce l’ha?” insisto. ”Sì, aprire un’osteria sul Lago Maggiore. Non è detto che prima o poi non lo faccia”.