Il maresciallo Enzo Varani

Il maresciallo Enzo Varani

Pubblico qui di seguito, con immenso piacere,  il messaggio giuntomi sabato 17 ottobre 2020 dal nipote di Enzo Varani che ha acquistato per caso il libro “Maktub Congo-Yemen 1965/1969”. Le sue parole ripagano Robert ed il sottoscritto di tutto l’impegno speso nella stesura del libro.

 

A volte gli avvenimenti sembrano accadere per caso, ma il caso non è mai causale, ti aspetta o si fa aspettare e prima o poi si presenta e provoca emozioni. Ho visto un post di Ippolito Edmondo Ferrario sulla presentazione di un suo nuovo libro “Maktub”, un insieme di racconti e fotografie di un posto lontano che tra il 1960 e il 1965 ha attraversato una grande instabilità politica con un susseguirsi di rivolte armate, il Congo. L’istinto mi ha portato ad acquistarlo, mia madre lo sfoglia e ad un certo punto si emoziona e urla “Papà” dicendo di averlo riconosciuto dalla posa. Come mio nonno ci sia finito e perché , non sono mai riuscito a farmelo spiegare da nessuno. Mia nonna mi racconta che lo ha fatto per il suo grande spirito avventuriero (Legionario in Indocina, minatore in Belgio, mercenario in Congo e poi chissà dove…). Nemmeno due figlie piccole e un figlio in arrivo riuscirono a desisterlo dalla sete di avventura  e dai soldi “facili” e chissà cos’altro. Cit”…Pirati all’arrembaggio in un mare ostile di incomprensioni, che necessita della loro presenza, ma li disprezza, un mare di opportunismi, di accordi al vertice, di materialismo d’ogni colore, di specioso ed interessato perbenismo. Pirati del XX secolo, che difendono la loro filibusta con la sciabola in una mano, mentre con l’altra ghermiscono una bottiglia di Rhum (o di una Primus in questo caso) e combattono irridendo al nemico, incuranti di tutto e di tutti”. scrisse Nony. Non so se mio nonno si sentisse così, un pirata in cerca del tesoro, ma ho capito che di quel “tesoro” una parte non tornò con lui  mentre con l’altra, appena tornato in Italia,  comprò una casa per la sua famiglia ed aprì un’osteria diventata poi ristorante. In fondo forse era questo il “tesoro” che cercava. Da lì a poco, dopo tanto rumore, purtroppo, se ne andò in una notte, in silenzio, quando anche il cuore decise di starsene in silenzioso giusto il tempo di riuscire a compiere qualche battito in una vita “normale e tranquilla” che forse in fondo non era fatta per lui, ma provando a darla a chi voleva bene. Ciao nonno, salutami zio.

In ricordo del Maresciallo Enzo Varani

Ascoli Piceno 15/02/1930

Ascoli Piceno 5/2/1978

Qui sotto la foto di gruppo che ritrae Varani insieme ai suoi commilitoni.

SUCRAF. Da sinistra a destra: il Maresciallo Varani (marchigiano, dopo il Congo fece fortuna vendendo pappagalli in giro per l’Europa ad appassionati di animali esotici), Girolamo “Nony” Simonetti, l’italo-argentino Ciccodicola (una volta tornato a casa uccise la moglie a martellate), Benigno Murgia (originario di Carbonia, dopo aver lavorato per un periodo in una miniera di carbone in Belgio si era arruolato tra le fila dei volontari in Congo), Robert Müller. Alla SUCRAF i volontari Varani, Ciccodicola e Murgia, comandanti dal maggiore polacco Topor, erano di stanza a protezione dello stabilimento.

 

Accadde Domani. 19 maggio 1977. L’ultima rapina di Umberto Vivirito

Accadde Domani. 19 maggio 1977. L’ultima rapina di Umberto Vivirito

19 maggio 1977. L’ultima rapina di Umberto Vivirito

L’impossibilità di avere visibilità, di poter disporre di spazi pubblici come gli altri per fare propaganda condizionò la mentalità di tutto un ambiente.La necessità di procurarsi armi e fondi per l’attività politica passò dunque attraverso le rapine. Si potevano trovare le armi rapinando un’armeria o rivolgendosi alla malavita, ma per farlo ci volevano soldi. Era un cane che si morde la coda.

Io stesso ebbi come dotazione personale una pistola che proveniva dalla rapina di un’armeria di Monza.

Quando loro due intrapresero queste operazioni, lo fecero senza un ritorno personale, ma sempre nell’ottica di un disegno politico, folle o utopistico che fosse.

Non erano delinquenti comuni e mai lo divennero. Rievocare oggi la cronaca di certi atti come le rapine da loro commesse in gioiellerie o armerie mette fortemente in imbarazzo anche a “destra”. Alcuni vorrebbero tralasciare determinati episodi reputandoli marginali o poco encomiabili. Io invece credo, andando certamente contro la pubblica morale di allora e di oggi, che negli anni ’70 non ci fosse altra soluzione.

Quando, il 19 maggio del 1977, a Milano, Umberto Vivirito fece l’ultima rapina che fu fatale a lui e al proprietario della gioielleria, era reduce da due anni di detenzione che non avevano fatto altro che esasperarlo. Anche qui, non si tratta di una giustificazione, ma di un fattore da tener presente. Umberto fu imprudente, avventato e sfortunato. Ciò che per me resta evidente, a distanza di più di quarant’anni, è il fatto che lui, Alessandro e altri aderirono senza risparmiarsi ad una causa e ne pagarono le conseguenze. Furono anni che stravolsero davvero le nostre esistenze e quelle di chi ci stava vicino.

Tratto da: Domenico “Mimmo” Magnetta, Ippolito Edmondo Ferrario, Una vita in Avanguardia Nazionale, Ritter Edizioni