


Raoul Sforza ed il furore antico

I diavoli di Bargagli/ Il banchiere e la passione per i revolver
I diavoli di Bargagli/ Il banchiere e la passione per i revolver
«Non c’è niente da fare, gli americani sono i migliori produttori di revolver da sempre. Non a caso li hanno inventati loro, anche se per esattezza la prima pistola a tamburo fu inventata in Sardegna nel 1833 da tale Francesco Antonio Broccu. Lo sapevate?» domandò loro con estrema naturalezza.
Non giunse risposta perché non gliene diede il tempo. Era sicuro che non se ne intendessero, né di armi, né di storia.
«Sì, il revolver nasce in Sardegna, per la precisione a Gadoni, ma fu Samuel Colt, mi pare tre anni dopo, a depositare il brevetto della sua prima pistola a tamburo, quella che poi fu la capostipite di tante armi eccellenti. Questa è la dimostrazione che oltre alla bravura occorrono astuzia e lungimiranza» dichiarò, aggiungendo: «doti delle quali voi siete decisamente sprovvisti».
Prima di rimettere il tamburo nella sua sede lo fece girare, poi con un movimento del polso lo fece rientrare in posizione di modo che premendo il grilletto l’arma sparasse. Subito dopo riprese la parola. Villa e Stucchi assistevano impietriti, mentre nelle loro menti si affacciava il terrore allo stato puro. Raoul si alzò nuovamente, lasciando volutamente la pistola appoggiata sul divano. Non temeva che uno dei due potesse impossessarsene. Erano come paralizzati, incapaci di ogni reazione. La sola vista dell’arma li annichiliva, offuscandone la mente.
Tratto da I diavoli di Bargagli di Ippolito Edmondo Ferrario, Fratelli Frilli Editori, 2022

I diavoli di Bargagli è un libro sul cosiddetto Mostro di Bargagli?
I diavoli di Bargagli è un libro sul cosiddetto Mostro di Bargagli?
La domanda mi è stata posta fin dalla prima volta che in cui ho annunciato il titolo del libro:
“Ne I diavoli di Bargagli si parla del mostro di Bargagli?”.
La risposta è semplice, ma merita certamente di essere circostanziata. La vicenda del mostro di Bargagli è presente, seppur adattata e romanzata. Non poteva che essere diversamente, considerato che il protagonista del romanzo, il banchiere milanese Raoul Sforza, si imbatte della storia del cosiddetto “mostro” non per caso, ma per far luce su un episodio particolarmente doloroso del proprio passato che lo porta proprio a Bargagli, sui luoghi della nota vicenda di cronaca.
I diavoli di Bargagli è un noir; non è un romanzo storico sul mostro di Bargagli e tantomeno ho voluto in qualche modo cercare di dare una risposta al mistero del mostro. Certamente il lettore particolarmente curioso, dopo la lettura de I diavoli di Bargagli, difficilmente non proverà interesse e curiosità per la vicenda di cronaca vera e propria che potrà approfondire attraverso le lettura di libri e articoli.
«Una storia come quella del mostro di Bargagli non può non appassionare la gente. Tanto più se i fatti riguardano i luoghi in cui sono cresciuto e che conosco come le mie tasche» ribatté Diego.
«Magari questa volta il cosiddetto mostro, come ti ostini a chiamarlo, potrebbe anche non entrarci. Dall’ultimo omicidio, quello del 1984, sono passati più di trent’anni. Non credi che potrebbe essere morto e che stavolta si tratti di qualcos’altro?» gli fece notare la ristoratrice, che evidentemente conosceva bene la vicenda in questione.
«No. Il mio istinto mi dice che il mostro è tornato. Russo lo conoscevo, anche se non come avrei voluto. Anni fa, se ricordi, ti parlai di una serie di lettere anonime che ricevetti quando avevo pubblicato il libro sul mostro. In una di queste si diceva che lui avesse fatto parte, durante la guerra, della cosiddetta “banda dei vitelli”. Quelle poche volte che cercai di andare sull’argomento con lui, si dimostrò sempre chiuso, ostinato a negare tutto. Per dirla tutta, mi mandò al diavolo» ricordò Diego tornando con la memoria ad alcuni anni prima.
Tratto da I diavoli di Bargagli di Ippolito Edmondo Ferrario, Fratelli Frilli Editori, 2022

Ritorno a Genova per il banchiere milanese Raoul Sforza. Ed anche per il sottoscritto
Sono passati più di vent’anni da quando muovevo i miei primi passi nel mondo dell’editoria, nelle vesti di scrittore.
Gli interessi di allora e le mie passioni, mi portarono a raccontare fin da subito la Liguria; ero ammaliato dalla bellezza di quella regione frequentata d’estate fin da bambino.
Di conseguenza le prime presentazioni ebbero luogo proprio a Genova. Per molto tempo la “Superba” fu una costante della mia vita, grazie anche agli editori che credettero nei miei scritti pubblicandoli.
Successivamente mi impegnai in felici incursioni letterarie nell’estremo ponente Ligure, eleggendo Triora a mio luogo ideale da narrare e divulgare. Ora dopo, dopo anni di assenza, mi sono ritrovato nuovamente a Genova, idealmente accanto al banchiere milanese Raoul Sforza. Vederlo percorrere le strade del centro storico per immergersi nella sua umanità è stato emozionante.
Quando iniziai a scrivere I diavoli di Bargagli pensavo che la storia sarebbe rimasta circoscritta all’alta Val Bisagno, ma poi, come a volte succede, i personaggi letterari hanno un’anima loro e si impongono sullo scrittore. Raoul Sforza voleva tornare nella “Superba” e così è stato.
Grazie Genova per tutto quello che mi hai dato.
«Imposta il navigatore per arrivare alla stazione dei treni di Brignole. Un tempo ci sarei saputo arrivare anche senza quell’affare, ma non bazzico Genova da troppi anni» disse mentre Amedeo si apprestava a digitare sullo schermo la nuova destinazione. Da lì in mezz’ora, affrontando il traffico della Superba, giunsero presso la storica stazione ferroviaria.Genova, città fedele a sé stessa, nella sua fatiscenza architettonica e morale, sempre la stessa nonostante il passare del tempo. Mi sei sempre piaciuta, pur con tutti i tuoi difetti e le tue contraddizioni. In un certo senso mi rispecchio in te o forse guardandoti scorgo una parte di me, rifletté il banchiere, riconoscendo la caotica piazza Giuseppe Verdi.
Tratto da I diavoli di Bargagli di Ippolito Edmondo Ferrario, Fratelli Frilli Editori, 2022