Sarebbe riduttivo, da parte di un autore, considerare un determinato genere come il noir intrappolato in determinati stereotipi da seguire oltre ai quali non si può andare.
Ecco perché sono felice di condividere con voi un breve passo tratto dal romanzo “Il banchiere di Milano”, forse l’estratto meno noir di tutto il libro, ma non per questo meno intenso ed evocativo.
La voce avvolgente dell’attore Alberto Bergamini vi condurrà in un viaggio a ritroso nel tempo, a Bonassola, alla ricerca di luoghi e di persone che sopravvivono nella memoria e nei ricordi dell’enigmatico banchiere milanese Raoul Sforza.
Una domenica di primavera nel borgo di Bonassola, sulle tracce dell’enigmatico Raoul Sforza, il banchiere di Milano, in compagnia di Valentina Ferrari.
Il Banchiere di Milano e la Milano perduta: il ristorante l’Assassino
Lia arrivò spingendo un carrello sul quale c’erano le portate della cena. Aveva preparato un guazzetto di pesce, caldo e piccante, seguito da un branzino bollito accompagnato da maionese e patate lessate con prezzemolo. Il vino abbinato alla cena era il Velia, un bianco umbro prodotto dalla cantina Ponziani. Raoul lo amava servito freddissimo.
«Spero sia tutto di suo gradimento, dottore».
Raul assaggiò la prima portata. La zuppa di pesce lo estasiò.
«Perfetta. Identica a quella che si mangiava all’Assassino. Indimenticabile» constatò ricordando uno dei suoi piatti preferiti quando cenava nello storico ristorante di via Amedei, di proprietà di Lino Morganti e Ottavio Gori. Già suo padre era cliente di quel locale dove si serviva la migliore cucina toscana di carne e di pesce che si potesse trovare a Milano. Addentò uno dei crostoni di pane abbrustoliti in padella con un po’ d’olio extravergine e poi ammorbiditi dal brodo di pesce.
Tratto da “Il banchiere di Milano” di Ippolito Edmondo Ferrario, Fratelli Frilli Editori, 2021